Novità nel giudizio civile di Cassazione.
Spunti dal convegno dell’01/12/05 presso la Suprema Corte di Cassazione.
Avv. Dario DE LANDRO
Presieduto da S.E. il dott. Vincenzo CARBONE, all’epoca Presidente Aggiunto, ora Primo Presidente, della Corte di Cassazione e nei locali di quest’ultima, presso l’Aula Magna, s’è tenuto un breve simposio pomeridiano sulle novità nel processo civile in grado di Cassazione.
Oltre la prestigiosissima Presidenza suaccennata, lo spessore dei relatori era tale che l’occasione di parteciparvi era più che mai ghiotta.
Si sono avvicendati, nelle relazioni, il Prof. Romano VACCARELLA, Giudice Costituzionale, il prof. Andrea PROTOPISANI dell’Università di Firenze, il Presidente Giovanni PRESTIPINO, titolare della Sez.Tributaria e il dottor Alfonso AMATUCCI, Consigliere della terza sez. civile della Suprema Corte.
Tutti i relatori hanno posto in risalto ancora una volta la funzione cosiddetta nomofilattica della Corte di Cassazione nel senso, anche etimologico, di custode e salvaguardia del Diritto.
Ogni volta, quindi, che, nella fase di merito, sia stato mal interpretato o equivocato e comunque disatteso un principio di diritto, il Giudice di legittimità deve esercitare la sua funzione di applicare bene la norma e , quando è possibile, può anche riformare direttamente la sentenza (contrariamente a quello che qualcuno potrebbe forse ritenere).
D’altronde esiste ormai sufficiente giurisprudenza conforme.
È il caso, per esempio, di quando si fosse giunti a conclusioni diverse da quella del Giudice di merito, in presenza di una situazione di fatto incontestata o incontrovertibile o quando non vi sia più necessità o possibilità (ad es. per intervenute preclusioni) di istruttoria da svolgersi in un eventuale giudizio di rinvio.
Diversamente, nel caso sempre di cassazione di pronuncia, può esser, come tutti noi operatori del diritto sappiamo, disposto il rinvio con enunciazione dei principi di diritto ad applicarsi da parte del Giudice del rinvio.
È stato denunciato che alcuni -e tra questi ad es. i componenti di entrambe le ns. Camere (sia quella dei Deputati che quella dei Senatori)- abbiamo espresso il dubbio d’una compressione dell’autonomia del Giudice di rinvio.
Sinceramente non si può che concordare, al riguardo, con l’opinione dei relatori. Difatti , proprio in virtù di quella funzione nomofilattica della Corte di Cassazione di cui si è cennato sopra, le perplessità di cui sopra non hanno ragione d’essere anche perché, diversamente, si potrebbe verificare che il Giudice di rinvio decida ancora in base a principi contrari a quello cui era pervenuto il Superiore Giudice di legittimità .
È stato, poi, messo in risalto il “trend” esponenziale del numero dei ricorsi sottoposti all’esame della Corte, che era di poche migliaia per anno prima degli anni ottanta (circa cinquemila), per arrivare a circa trentamila nel 2004 e sol poco meno nel 2005.
È stata allora istituita presso la sezione civile recentemente una struttura – in pratica una sezione -, che svolge un esame preventivo dei ricorsi (e dei controricorsi) finalizzato ad individuare quei ricorsi gia “prima facie” inammissibili, magari perché riproponenti questioni di fatto e non di diritto.
La stessa cosa è stata prevista per il settore penale.
Sin qui i ricorsi tacciati subito di inammissibilità rappresentano circa un terzo del totale.
È stato fatto notare che tale struttura dovrebbe consentire di “deflazionare” il carico per smaltire un po’ l’arretrato.
Difatti i 295 magistrati di Cassazione assegnati alle sezioni civili ,diversamente, non potrebbero far fronte alla massiccia domanda secondaria al numero dei ricorsi di cui s’è detto.
Lo spirito della novella che sarà introdotta, poi, dovrebbe aiutare la spinta deflazionistica , ad es. riprevedendo l’appellabilità di quelle sentenze del Giudice di Pace, per le quali era esclusa la fase gravatoria intermedia- quelle rese c.d. con equità-
Difatti la Corte di Cassazione deve decidere, ora, in questi casi, su questioni di pochi euro, quale unico giudice del gravame.
Viene incontro alle esigenze di frenare l’inflazione di ricorsi anche la previsione di indicare tassativamente, nelle conclusioni, il principio di diritto invocato per la Cassazione della sentenza, che, così, dovrà esser più sinteticamente e chiaramente indicato in tal contesto conclusivo che non magari solo discorsivamente, come finora poteva capitare, nella narrativa dell’atto.
Altri, poi, sono i rimedi previsti sempre dalla novella, pur illustrati, ma per i quali si rinvia alla stessa.
Ma riflessione meditata esige quanto accoratamente esposto dal relatore intervenuto per ultimo, ma non certo ultimo per prestigio ed autorevolezza e cioè il Consigliere AMATUCCI.
Questi ha difatti sostenuto la necessità che anche la Corte debba contribuire alla spinta “deflazionistica” di cui s’è detto, oltre che col velocizzare le procedure di inammissibilità per il tramite delle strutture a ciò deputate e di cui pure si è cennato sopra, anche cominciando a “sanzionare”, semmai “adeguatamente”, i ricorrenti, che hanno proposto ricorsi inammissibili.
Ciò con un governo delle spese, che più puntualmente che in passato, faccia ricorso al principio della soccombenza, applicandolo semmai anche con “mano pesante”.
Non è comprensibile, difatti, secondo il relatore, che le parti tentino comunque il giudizio di legittimità nella consapevolezza che, probabilmente, mal che vada, le spese vengono compensate.
Ciò che fa propendere per effettuare comunque il tentativo di ricorrere.
È stato riportato che frequentemente Avvocati malaccorti risottopongano alla Corte questioni di fatto e non di diritto, semmai per ansia di guadagno o per impreparazione, perché il meccanismo “carrieristico” quasi automatico che consente agli Avvocati italiani, dopo un certo numero di anni di esercizio dell’attività professionale, di iscriversi all’Albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle Giurisdizioni Superiori, genera la patologia in atto dell’esistenza di quarantamila Cassazionisti.
Con l’impossibilità conseguente che tutti costoro abbiano una preparazione adeguata ad esercitare effettivamente il loro ministerio dinanzi alle Superiori Giurisdizioni.
Se allora, sostiene sempre il Consigliere AMATUCCI, la lobby degli avvocati sostenuta dalla foltissima rappresentatività di loro componenti in seno ai parlamentari, “spinge” per il mantenimento dell’automatismo di carriera, la “severità” che s’è detto nell’applicazione del principio della soccombenza, a quei ricorsi palesemente inammissibili o proposti a mezzo di difese di scarso pregio, soccorrerebbe alla bisogna.
Queste considerazioni stimolano, come si diceva, ad una riflessione seria e scevra da pregiudizi e da difese corporativistiche.
Ciò sia perché contengono indubbie verità sia perché provengono da un Giudice di quella stessa Suprema Corte che ha poi “sfornato” in effetti pronunce caratterizzate dal rispetto più profondo di quel principio nomofilattico, informatore del Giudice di Legittimità.
Una per tutte quella a numero 9471 del 2004 , che, ha fatto definitivamente piazza pulita delle speculazioni possibili sulle procure ad lites, da intendersi, in base al principio di conservazione degli atti giuridici, sempre come “speciale” per la fase di legittimità, ogni qual volta non esista prova contraria e senza quindi neppure il bisogno che in essa debba esser indicato tassativamente il grado per la quale è conferita o che debba riportare pedissequamente tutti gli estremi della sentenza di merito gravata.
E con questo, quindi, è detto tutto, al riguardo.
Orbene, però, tali considerazioni sono state esposte in un consesso, che, per forza di cose, ha visto una rappresentatività, in ordine decrescente, di Magistrati, di Docenti Universitari, di Cultori e di Avvocati.
Di Avvocati del mio foro ( Napoli) non mi pare averne visti.
Ciò è grave vista l’importanza dell’argomento sviscerato e sembra dare ragione a chi poi critica l’avvocatura, la quale neppure contrappone alcunché, come invece istituzionalmente dovrebbe, a chi estrinseca il proprio punto di vista, così, privo di qualsiasi tentativo di argine.
Come è possibile tale disinteresse alla formazione e aggiornamento professionale in un contesto, come quello attuale, laddove le novità normative e il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale (come sottolineato in questi lavori) sono caratterizzati da frenetismo come forse mai in precedenza, anche per il necessario adeguamento alle evoluzioni tecnologiche, di costume e quant’altro ?
Così ,quindi, non si sviluppa la dialettica con gli altri operatori del diritto, lasciati, si diceva , liberi nelle loro esternazioni, anche contro la classe forense, che non avrebbe certo bisogno di ulteriori attacchi.
Chi scrive riflette allora in relazione agli “stimoli” ricevuti.
Si tiene l’ordine in cui sono stati sopra sviluppati gli argomenti.
La istituzione d’una struttura deputata al “taglio” alla radice d’una aliquota di ricorsi per soli motivi d’inammissibilità, a parte i dubbi che lascia sulla sua stessa ragione e possibilità d’essere se non addirittura sulla sua legittimità, comunque, da un lato non consente una valutazione organica, collegiale e complessiva del gravame e dell’altro presta il fianco a sospetti di “liquidazione” comunque troppo frettolosa dei ricorsi.
D’altronde già prima dell’istituzione di questa più “snella” struttura, certamente abbiamo visto qualche volta dichiarare inammissibili come contenenti doglianze in fatto e non in diritto, ricorsi che, invece,avrebbero magari dovuto meglio esser approfonditi sotto tale aspetto.
Sappiamo che talvolta occorre, anche per quanto da ultimo, un impegno intenso ed uno scambio di opinioni pur tra gli eccellenti componenti della Magistratura Superiore, che si comprime e restringe in una una struttura come quella più volte detto “snella”
Questo argomento sarà pure ripreso più sotto.
Il mutamento di tendenza, improvviso, repentino, generalizzato, sul governo delle spese (che già notiamo esservi stato da parte dei Giudici di Merito, ivi compreso addirittura della Magistratura del Lavoro), potrebbe, poi, esser squilibrato, finendo col non fare sempre Giustizia, richiamato anche il noto brocardo “summum ius summa iniuria”.
Circa , invece, l’ulteriore rilievo che in Germania esistono solo 280 (duecentoottanta) avvocati cassazionisti e in Francia 110 ( centodieci )- aggiungo che in Belgio, donde sono di ritorno assieme alla Commissione studi presso il Consiglio dell’Ordine di Napoli del diritto dell’UE e del diritto comunitario, ne sono 13 (tredici)- non v’è dubbio che le decine di migliaia di avvocati cassazionisti italiani sono troppi, dimodocchè una aliquota, magari anche consistente, sia inadeguata a rappresentare e difendere dinanzi alle Magistrature Superiori, ma la critica al meccanismo quasi automatico di carriera non può valere però solo per gli Avvocati, come peraltro denunciato dallo stesso Consigliere AMATUCCI, ma deve valere anche per le altre professioni, a partire da quelle dei Magistrati, che ancora più danni possono fare, dalla produzione dei quali sicuramente nessuno può esser immune, perchè non sbaglia solo chi non opera, ma dovendosi tentare comunque di evitare con tutte le forze che ricorsi per Cassazione, che meritano il massimo dell’attenzione, vista l’esizialità della pronuncia che ne segue, siano esaminati , ad esempio, da Magistrati colti da ansie di “tagli” di aliquote di un terzo o di un quarto o fosse pure d’un decimo soltanto dei ricorsi depositati annualmente , ansie che non hanno nulla a che vedere con la funzione nomofilattica.
Sin qui, pertanto, vi può esser dibattito ed è stimolante.
Sulla chiosa, invece, l’Avvocatura non può e non deve esser d’accordo.
Gli Avvocati sono professionisti che svolgono la loro professione, socialmente utile, venendo retribuiti non dallo Stato e a stipendio, ma dai clienti, che sono i loro più spietati censori.
Quindi c’è una selezione che viene fatta dal mercato, per cui il Cassazionista somaro non fa grossa strada. E così , in sostanza, gli avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione, i quali effettivamente esercitano dinanzi a tal Corte, sono molto meno di quarantamila esattamente come molto meno del totale sono i Magistrati col grado di Consigliere di Cassazione che svolgono effettivamente funzione presso la S.C.
Nè gli Avvocati hanno, infine, mai pietito che si lasciassero loro posizioni di “rendita”.
Devono svolgere invece la funzione cui sono deputati anche dalla Costituzione, nel migliore dei modi possibile.
Si deve respingere con forza pertanto questo sospetto, come l’altro dell’esistenza di una lobby dell’Avvocatura secondaria alla cospicua presenza di propri componenti presso l’ordine legislativo.
Se c’è difatti una categoria , ancora oggi, non sufficientemente coesa, è purtroppo quella della Avvocatura italiana, che non ha mai abbandonato del tutto l’individualismo.
I parlamentari Avvocati, poi, spesso, presi, giustamente peraltro, dalla loro attività legislativa, si allontanano dalla professione e dai suoi problemi, secondariamente anche a quel distacco generalizzato dai problemi contingenti , che sembra attanagliare inevitabile quasi tutti i deputati e che produce, poi, invero, anche l’allontanamento della gente dalla politica.
Di tutto quanto sopra ognuno di noi avrà magari la propria “prova provata”.
Negli ultimi anni , invece, abbiamo assistito alla progressiva erosione di nicchie di lavoro per gli Avvocati e ne cito alcune.
A fine anni ottanta l’istituzione dell’Albo dei Mediatori ha escluso gli Avvocati dallo interessarsi delle compravendite immobiliari, relegandoli alla mera, eventuale, attività di assistenza subalterna alle agenzie.
La materia del risarcimento danni da circolazione veicoli, già erosa sempre più dai cosiddetti consulenti tecnici o periti, senza che questi certo abbiano la qualificazione professionale degli Avvocati, è divenuta ormai un miraggio con la nuova disciplina sulle assicurazioni, le cui società rappresentano, queste si, lobby potentissima.
Il far proliferare senza freno le cosiddette associazioni dei consumatori e la loro pubblicità subdola , insinuante e sviante, ha sottratto, poi, anche quella fetta di lavoro relativa a tal settore, definito , con neologismo indicativo, giusconsumismo, facendo ingrassare dette associazioni, anch’esse vere lobby.
Si vuole ancora da parte di chicchessia, allora, sostenere , con una qualche possibilità di credito, che l’avvocatura sia una lobby?
Bisogna quindi che gli Avvocati partecipino ai dibattiti, anche se, invero, si nota una “overdose” di convegni, master e quant’altro, magari pensando ad organizzarsi per inviare ad essi alternativamente delegati ad hoc, che poi relazionino la classe e si interscambino.
L’Avvocatura avrà anche una consapevolezza maggiore ed un aggiornamento adeguato agli odierni continui mutamenti e potrà esercitare, come si diceva, compiutamente il suo, proprio, Ministerio, che è, poi in “primis” quello di tutela delle garanzie dei cittadini, piuttosto che non solo quello corporativistico.