NOTE SULL’A.E.C. PER GLI AGENTI DI COMMERCIO SETTORE COMMERCIO DEL 26/2/2002
DELL’AVV. DARIO DE LANDRO
Diritti utilizzativi riservati all'Avv. Dario DE LANDRO
Gli accordi economici collettivi sono sempre il frutto di mediazioni tra gli opposti interessi delle categorie stipulanti, intervenuti tra i rappresentanti di esse.
Gli ultimi accordi (e dobbiamo purtroppo risalire a molti anni fa), sono stati assai ripetitivi e poco differenziati fra loro, di modo che l'approccio agli stessi è stato sempre assai agevole in confronto all'accordo precedente, per il motivo di assoluta similitudine cennato.
L' AEC che qui si commenta, invece, presente caratteristiche di assoluta novità, tale da farlo apparire, rispetto al suo predecessore, assolutamente innovativo.
La sensazione che, " a caldo", si ricava dalla sua lettura, è quella della necessità che hanno avvertito le parti contraenti di fare chiarezza su alcuni punti di primaria rilevanza.
Un primo giudizio complessivo sull'accordo non può che essere positivo.
Sono stati disciplinati con maggiore chiarezza, ad evitare equivoci interpretativi, cui le precedenti dizioni hanno dato stura, argomenti di non poco conto, come, ad esempio, quello della compressione dell'autonomia dell'attività dell'agente alla quale è stata posta una serie di limitazioni, prima inesistenti.
Questo è un argomento che riguarda in ispecie, anche se non solo, gli agenti del settore alimentare e dei casalinghi, che spesso ricevevano istruzioni finanche sull'itinerario e con obblighi stringenti, talvolta finanche giornalieri, di fornire informative alla preponente.
Si parla in questi casi di CANVASS.
Sono state altresì disciplinate in maniera precisa le aliquote entro cui le eventuali variazioni di zona sono considerate di lieve o di forte entità (motivo in precedenza di grande discussione).
E' stato affrontato il problema dei limiti e dell’ambito dell'addebito dei campionari e quello del compenso di alcune attività complementari e/o accessorie, come il coordinamento di altri agenti.
E' stata data concreta attuazione alla recente legge modificativa del patto di non concorrenza, codificando la misura dei relativi compensi dovuti e sono stati variati i termini del preavviso.
E' anche stata data attuazione più compiuta alla modificazione dell'articolo 410 c.p.c., in relazione al tentativo di conciliazione obbligatorio in caso di controversie.
Ma, soprattutto, è stata stravolta la materia delle indennità di fine rapporto, rendendola più organica, così come trattata in un unico articolo del contratto, tentando di dare , questa volta, una certa effettiva applicazione alla Direttiva europea 653/86 e, quindi, all'art. 1751 c.c., fonte di diatribe senza fine, dalla prima modifica codicista del 1991 ad oggi.
Dobbiamo dire che l'accordo-ponte del 1992 ha incontrato non pochi sfavori da parte degli agenti.
Le OO.SS. degli agenti e rappresentanti, hanno svolto, qui, il loro lavoro, ottenendo la reviviscenza di quel criterio meritocratico, che era alla base della direttiva europea e che, invece, era stato, forse di fatto mortificato dall'accordo-ponte cennato, frettolosamente nato, sotto l'impatto emotivo della novella dell'art 1751 c.c. a seguito delle modifiche avvenute nel 1991.
Le disposizioni del nuovo accordo, come nei precedenti accordi, disciplinano i mandati a tempo indeterminato e (quando le disposizioni risultano compatibili) quelli a tempo determinato.
Possiamo scendere nel dettaglio delle novità del nuovo AEC., seguendo l'ordine espositivo dello stesso.
Già dalla premessa si ricavano sensazioni positive.
Gli incontri annuali previsti a livello nazionale tra le OO.SS. degli agenti e la ConfCommercio, andranno sfruttati come occasioni di importanti approfondimenti, giammai a tralasciarsi.
Importante la possibilità di incontri anche per singoli settori merceologici.
All'art. 1 ("Definizioni") viene, poi, inibita alle preponenti, come già in parte anticipato, la possibilità di obbligare ad un orario e, soprattutto, ad itinerari predeterminati, l'agente.
Viene altresì esclusa la possibilità che la preponente possa imporre all'agente di relazionare con periodicità prefissata sulla sua attività.
Questa è una notizia che riguarda, specie, ma non solo, si è detto, agli agenti del settore alimentare, casalinghi e affini, alcuni dei quali erano sentiti sin qui compressi nelle loro professionalità, sentendosi, di fatto, quasi solo venditori o piazzisti .
Resta fermo, peraltro, l'ovvio obbligo generico, però, che la casa mandante sia costantemente informata dalla situazione di mercato in cui opera l'agente o rappresentante.
L'art. 2, si è già detto sopra sinteticamente, tratta della zona di attività dell'agente e si va ora a esaminare più approfonditamente il suo disposto, soprattutto in parallelismo con le disposizioni sul punto del precedente A.E.C.
Le novità, come pure si è detto, riguardano la previsione precisa di ciò che debba intendersi per variazione di lieve o di rilevante entità.
Nel dettaglio, viene stabilito che per lieve entità debbano intendersi le riduzioni di zona che comportino variazioni comprese tra lo 0 e il 5% delle provvigioni dell'agente dell'anno solare precedente.
Si pensi che la giurisprudenza e certe mandanti erano arrivate a definire di lieve entità anche variazioni del 20%.
Ora tutte quelle variazioni che superano il 20% sono considerate, invece, di rilevante entità, con diritto conseguente a maggior preavviso.
Nè la preponente può arrivare in tempi brevi a comunicare riduzioni sensibili tramite più riduzioni di lieve entità, reiterate, in quanto l'ultimo comma ha previsto che più variazioni, nel corso dei 12 mesi, saranno da considerarsi come un'unica variazione.
La parola "sensibilmente" riferita alle variazioni, che si legge al 2° rigo del penultimo capoverso, significa che l'agente non può recedere senza perdere la indennità di fine rapporto, specie quella meritocratica, imputando il recesso alla riduzione di zona quando questa sia di lieve entità.
Tutto sommato, però, una riduzione che vada dallo 0 al 5%, parametrato come si è detto sopra, non sembra potere essere considerata una catastrofe, anche se dobbiamo ricordare che tale possibilità è teoricamente possibile ogni 12 mesi.
Non sfugga, poi, il "chiarimento a verbale", già esistente nell'edizione precedente dell'accordo, ma che era stato ignorato da certa giurisprudenza.
La precisazione riguarda la possibilità di considerare mandati in concorrenza, col divieto conseguente, solo quelli che riguardano beni di foggia, valore e destinazione uguale.
Il dubbio che l'agente possa trovarsi in situazioni di concorrenza, ove la preponente inizi ad un certo punto del mandato a commercializzare prodotti che, ai sensi delle individuazioni di cui detto sopra, verrebbero a trovarsi in concorrenza con quelli dell'altra preponente di cui l'agente ha mandato, non è stato risolto in maniera altrettanto chiara di altri argomenti.
In passato, sul punto, la Giurisprudenza è stata spesso sfavorevole all'agente.
Varrà la pena, per chiarezza, nella prossima stesura, di prevedere, se possibile che, se gli articoli in concorrenza vengono realizzati dalle preponenti in corso di mandato, l'agente possa continuare il rapporto con entrambe le sue mandanti (salvo volontà diversa dell’ agente), con la o possibilità per la preponente di vendere direttamente o nominare un nuovo agente per gli articoli che vengano a trovarsi in concorrenza.
Col che si passa all'art. 3 ("diritti e doveri dell'agente"), che prevede la possibilità che il mandato disciplini l'addebito del campionario non restituito in tutto o in parte o danneggiato oltre il dovuto. Lasciata alla autonomia delle parti, ovviamente, la possibilità che in mandato sia previsto l'addebito a prezzo scontato.
Si è poi ribadito che il compenso per l'attività di incasso debba essere ulteriore e separato.
Si può prevedere che le preponenti scorporeranno dalle provvigioni una aliquota all'uopo, come già è stato fatto.
Viene poi ripetuto, sì come estrapolato dalla fonte normativa codicistica e legislativa (direttiva comunitaria, decr. legislativo 303/91, art. 1742 e segg. c.c., decr. legislativo 65/99) l'obbligo della preponente a comunicare all'agente la mancata intenzione di evasione di affari, ma manca la sanzione esplicita dell'obbligo di corresponsione delle provvigioni, anche se il successivo art. 4 sancisce che le commissioni non disdettate nei 60gg. (salvo possibili proroghe) si intendono accettate ai fini del diritto alle provvigioni da parte dell'agente.
Ancora l'art. 4 ("provvigioni") ribadisce che le provvigioni vanno calcolate al netto di sconti di valuta.
Innovativo, invece, il comma che prevede il diritto alla provvigione su affari promossi e conclusi fuori zona, salvo diverso accordo fra le parti.
Del pari innovativa la previsione di un compenso aggiuntivo in forma non provvigionale per attività complementari e/o accessorie, come quella di coordinamento di altri agenti.
Ai fini della inclusione di tale tipo di compenso, quand'anche di natura non provvigionale, quale coacervo della indennità di fine rapporto, paiono non sussistere dubbi ai sensi del successivo art. 12, comma punto 3, il quale detta che le indennità di fine rapporto sono computate sulla "provvigione e le altre somme comunque denominate anche se non ancora corrisposte".
La sanzione manca pure per il caso in cui la preponente non metta a disposizione dell'agente o del rappresentante la documentazione necessaria a garantirgli le notizie sull'esecuzione dei contratti.
Tale mancanza di sanzione, in caso di contestazione, crea qualche difficoltà sotto il profilo probatorio, risolto solo nel caso di alligazione (cioè indicazione) di affari specificamente individuati, con l'ordine di esibizione giudiziale. Recente giurisprudenza ha attenuato i requisiti della individuazione o individuazione dei documenti di cui vien chiesta l’esibizione.
Tutte le critiche possono essere spunti, ripetesi, per una prossima perfettibile contrattazione.
D'altronde, anche ciò che è buono è sempre perfettibile.
Pure innovativo è anche il concetto racchiuso nelle ultime frasi dell'ottavo capoverso sempre dell'art. 4, il quale prevede il diritto alla provvigione sulla quota soluta dal cliente nel caso di pagamento parziale non inferiore all'85% dell'affare.
Circa l'art. 5 ("spese"), nulla quaestio, poichè, purtroppo, sappiamo bene che, salvo patto contrario, alcun diritto al rimborso compete all'agente.
Riguardo l'art. 6, pure se non trattasi di novità, va rimarcato che è rimasta in essere la previsione dell'approvazione dell'estratto conto provvigionale con un termine di possibilità della contestazione diminuito peraltro da 60 gg. a 30gg.
L'art. 7 ("patto di non concorrenza") è parimenti innovativo e ha dato attuazione concreta, ben disciplinandola, alla novella del 2000 al riguardo, che ha previsto che il patto di non concorrenza ex art. 2125 c.c. vada compensato.
Il compenso è stato parametrato alla media dei compensi dell'agente dell'ultimo quinquennio o del minor periodo del mandato (per i monomandatari, ridotta del 15% per le ipotesi di rapporto inferiore a 5 anni e ulteriormente ridotto per i plurimandatari, per i quali la base di calcolo è ridotta di un 5% in più, cioè del 20%). Segue a tale criterio una tabella che indica nel 100% così ottenuto, il compenso per i mandati ultradecennali (ridotto del 25% per i rapporti tra i 5 e 10anni e del 50% per i più brevi).
Viene considerato come monomandato, ai fini del calcolo di cui sopra, quel plurimandato che valga almeno l'80% del monte provvigioni dell'agente, il quale dovrà avere cura di fornire prova fiscalmente idonea in ordine a tutto quanto s'è detto sul punto, ad es. con l'esibizione delle fatture provvigionali emesse nel corso del rapporto.
Non granchè innovativo, invece, nella sostanza, l'art. 8 ("malattia e infortunio"), se non nella elevazione dei massimali, dato il tempo trascorso dall'ultima stesura contrattuale.
Non previsto un adeguamento automatico di tali massimali agli indici ISTAT.
E con questo arriviamo a commentare l'art. 9 ("gravidanza e puerperio"), riguardante una previsione tanto nuova quanto di sentita necessità per l'accesso sempre più massiccio delle donne al mondo del lavoro e in particolare alla professione di agente.
La sospensione specificamente prevista fino a mesi otto è condivisibile.
Dalle donne (e non solo) non può che esser salutata con soddisfazione .
Con l'art. 10 ("preavviso") comincia, invece, la autentica "rivoluzione" della disciplina riguardante la fine dei rapporti.
Vi era discrasia, ormai, tra la previsione codicistica in punto di preavviso e quella contrattuale.
Detta è stata risolta, come era prevedibile, con una soluzione mediata, precisando, invero che, sempre opportunamente, sono stati giustamente premiati i rapporti "medio-lunghi", non tralasciando, peraltro, quelli più brevi.
Per gli agenti plurimandatari sono previsti:
3 mesi da 0 a tre anni di rapporto;
4 mesi da 0 a quattro anni di rapporto;
5 mesi da 0 a cinque anni di rapporto;
6 mesi per i rapporti di durata superiore a sei anni.
Precedentemente, la contrattazione collettiva prevedeva: 4, 5 e 6 mesi, a seconda che i rapporti fossero di durata rispettivamente inferiore a cinque anni, tra i cinque e gli otto anni, oppure oltre gli 8 anni. L'ultima previsione codicistica prevedeva 1, 2, 3, 4, 5, 6 mesi rispettivamente per 1, 2, 3, 4, 5, 6 o più anni di rapporto.
La nuova formulazione contrattuale è leggermente peggiorativa, quindi, rispetto alla precedente, ma solo di poco, precisamente di un mese per i rapporti da 0 a 3 anni, ma è comunque migliorativa di quella codicistica riferitamente ai rapporti della detta durata.
E' uguale (4 mesi) per i rapporti di durata quadriennale, sia riguardo alle precedenti formulazioni dell'A.E.C., sia riguardo la disciplina codicistica.
Per i rapporti di durata quinquennale è uguale alla previsione codicistica, ma è migliorativa rispetto a quella precedente contrattualistica, che prevedeva 4 mesi.
Infine, è migliorativa per i rapporti da 6 a 8 anni rispetto alla previsione dell'A.E.C. precedente (che prevedeva sempre 4 mesi) ed è uguale sia a quella codicistica sia a quella contrattualistica, limitatamente alle ipotesi di rapporti ultraottennali.
Per gli agenti, invece, operanti in forma di monomandatari, la previsione di 5 mesi fino a 5 anni è di poco peggiorativa (di 1 mese) a quella contrattualistica precedente, così come quella compresa nel "range " tra 6 e 8 anni, mentre è uguale per i rapporti di durata superiore a otto anni (8 mesi).
Questi i periodi di preavviso che dovranno rispettare le preponenti.
Per il periodo di preavviso in caso di disdetta degli agenti, si è preferito, invece, forfettizzarlo, a prescindere dalla durata dei rapporti, in 5 mesi per i monomandatari e in 3 mesi per i plurimandatari.
La decorrenza del preavviso per la disdetta del mandato è stata prevista in uno qualsiasi dei giorni del calendario, laddove il decreto legislativo 303/91, all'art. 3, modificando l'art. 1751, faceva accedere alla possibilità interpretativa del giudicante che avesse adottato la fonte codicistica, di considerare quale dies a quo (termine iniziale), l'ultimo giorno del mese di ricevimento della comunicazione di recesso.
Nel caso di mancata concessione del preavviso, la forma riparatoria in una parte dell'articolo viene ora definita risarcimento e non più indennità, mentre nel penultimo comma viene nuovamente in evidenza sotto forma di indennità sostitutiva, peraltro omettendosi ivi, per dimenticanza o esigenze di brevità, la locuzione "mancato".
Viene ribadito, come doveva e deve essere pacifico, che tale forma riparatoria, comunque essa sia definita, debba comprendere anche eventuali concorsi spese o premi.
Siamo, sicchè, arrivati a quello che è l'autentico "cuore" del nuovo accordo e cioè la disciplina delle indennità di fine rapporto, che sono state opportunamente trattate, come pure si è già detto, accorpatamente in un unico articolo.
Possiamo dire che l'articolo unificato in questione, tenta di rispondere alla esigenza quantomai sentita di armonizzare in maniera reale la contrattazione collettiva alla previsione legislativa, di natura codicistica, di derivazione comunitaria.
Si apprezza uno sforzo anzitutto riguardo l'an debeatur in ordine a cui, nonostante l'inderogabilità prevista dall'art. 1751 c.c. ultimo testo di disposizioni più sfavorevoli all'agente, sia l'accordo ponte del 1992, sia certa giurisprudenza ("visto l'ampio potere di rappresentanza che l'Italia annette alle Organizzazioni Sindacali e visto quindi, appunto, l'accordo ponte" , cenna letteralmente una delle ultime pronunzie di legittimità al riguardo), avevano finito col relegare a mera spes l’ipotesi di poter ottenere, da parte dell’agente, miglioramenti dell'indennità di fine rapporto rispetto alla”vecchia" indennità suppletiva di clientela.
Difatti, anche il "quantum" dell'indennità in questione, è stato predeterminato con precisione che si potrebbe definire "teutonica".
La sintesi delle tre indennità disciplinate nella prima parte dell'articolo in questione sarebbe, poi, esemplare per chiarezza ed introduce nel migliore dei modi alla fase successiva.
All'interno delle indennità di fine rapporto sono stati previsti 3 – tre - emolumenti: il primo è l'indennità di risoluzione del rapporto che, come avveniva anche prima, deve essere in ogni caso concessa.
Si tratta, difatti, della medesima I.R.R. (indennità risoluzione di rapporto), a versarsi all'Enasarco, già prevista in precedenza.
E' prevista un'ulteriore elevazione per gli agenti che operano in esclusiva e (forse?) non soltanto per i monomandatari, così come si potrebbe interpretare con ermeneutica letterale dell'espressione "agenti in esclusiva", espressione quest'ultima reiterata anche nelle tabelle allegate all'accordo, costituenti parte integrante dello stesso, sì da autorizzarci, appunto, alla interpretazione estensiva cennata, non parendo possibile che la locuzione in parola sia stata adoperata impropriamente, a voler significare agenti monomandatari.
Ma ciò può effettivamente essere oggetto di dibattito, lungi dall'essere pacifico.
Il secondo coacervo indennitario è denominato indenità suppletiva di clientela ed è anche essa una "vecchia conoscenza".
Essa, viene chiarito sempre con lodevole precisione, risponde al principio di equità di cui all'art. 1751.
Ed anche essa non necessita della prima delle due condizioni previste dall'art. 1751 cennato, il secondo requisito di cui è appunto l'equità.
L'agente, sicchè, non dovrà dimostrare di avere procurato nuovi clienti o accresciuto il lavoro, nè dovrà provare il vantaggio della preponente apportato con la sua attività.
E' una indennità, quindi, secondaria solo alla disdetta della preponente ed alle ipotesi a queste assimilate (giusta causa, età, malattia grave, ecc.).
La novità appare che, ferme le percentuali rispetto alla precedente previsione contrattuale (3% sulle provvigioni per i mandati fino a 3 anni di durata, 3,5% dal 4° al 6° anno, 4% dal 7° anno in poi), non v'è più il tetto massimo per le integrazioni dallo 0,5% e dell'1% rispettivamente dal 4° al 6° anno e dal 7° in poi.
Precedentemente, ad esempio nell'ultimo A.E.C., a partire dall'anno successivo alla sua entrata in vigore (dall'1/1/1989), le aliquote aggiuntive cennate non si applicavano oltre i 72.000.000 di provvigioni annue.
Tale limite, come si diceva, è scomparso, con beneficio per gli agenti in caso di rapporti di durata media e lunga. Questi agenti si vedranno calcolare le indennità in questione con le maggiorazioni contrattuali di cui sopra, anche sui fatturati più elevati di 72.000.000 di lire (rectius, ora dell'equivalente in euro).
E' degna di nota la dichiarazione a verbale, che segue alla disciplina dell'indennità suppletiva di clientela, la quale prevede che, anche se il cumulo della I.R.R. e della Indennità suppletiva clientela ecceda il limite massimo di cui all'art. 1751 c.c., entrambe debbano essere liquidate a favore dell'agente, cumulativamente.
E con ciò siamo pervenuti a quanto più ci interessava: alla indennità, cioè, cui viene attribuita ora la dizione di "meritocratica", che vorrebbe dare effettiva attuazione all'art. 1751 c.c., indennità che, essendo prevista in aggiunta alle altre due, sia pure alle condizioni ed entro i limiti che vedremo, dovrebbe forse fare riflettere quanti ne hanno prima denegato, sostanzialmente, l'applicabilità.
Questa indennità scatta quando ricorre la prima delle due condizioni dell'art. 1751 e cioè allorquando l'agente abbia procurato nuovi clienti o incrementato il volume di affari e la preponente ricavi vantaggi da ciò anche dopo la fine del rapporto.
A tali condizioni, l'indennità verrà riconosciuta solo se il cumulo tra indennità suppletiva di clientela e la Indennità di risoluzione rapporto sia inferiore al tetto massimo previsto dall'art. 1751 c.c. (media provvigionale dall'ultimo quinquennio) o del minor periodo lavorato.
Come dicevamo, encomiabilmente, è stato previsto nei dettagli anche il meccanismo di calcolo.
Permane, a ns. parere, solo il solito dilemma se il coacervo di cui appresso è da riferirsi al criterio di "competenza" o "di cassa" delle provvigioni costituenti la base dei calcoli.
Nei rapporti di durata superiore ai 10 anni, il valore iniziale verrà calcolato sulla media delle provvigioni dei primi tre anni del rapporto e il valore finale invece si calcolerà sulla media delle provvigioni dei 3 anni antecedenti la chiusura del rapporto.
Nei rapporti di durata dai 3 ai 10 anni il valore iniziale sarà calcolato sulla media delle provvigioni di pertinenza dell'agente o del rappresentante nei primi 2 anni di durata del rapporto e il valore finale verrà calcolato sulla media delle provvigioni nei 2 anni antecedenti la chiusura del rapporto.
Nei rapporti più brevi, il valore iniziale si otterrà calcolando il valore delle provvigioni del primo trimestre di operatività del mandato moltiplicato per quattro e il valore finale corrisponderà al valore delle provvigioni dei 12 mesi antecedenti la chiusura del rapporto.
Sull'importo ottenuto sottraendo al valore finale il valore iniziale aggiornato sulla base degli "indici ISTAT", si applicheranno le seguenti percentuali:
1% per incrementi fino al 33%;
2% per incrementi tra il 33% e il 66%;
3% in caso di incrementi superiori al 66%.
V’è da dire che la sentenza 465 c-04 del 23/3/2006 della Corte di Giustizia europea, resa nella causa De Zotti c. Honywem , ha azzerato , di fatto, tale assetto contrattualistico collettivo in tema di indennità e le precedenti difformi e già accennate pronunzie dei Giudici nazionali , ma solo nel senso che ogni qualvolta, in concreto, sia più favorevole all’agente, che ne avesse i requisiti, il calcolo secondo l’art. 1751 c.c. va applicata tale previsione codicistica e non quella contrattualistica collettiva, che comunque spiega la sua efficacia in tutti gli altri casi.
I successivi articoli riguardano gli accantonamenti presso l'ENASARCO (art. 13) riprendendo grosso modo il precedente, omologo, dettato sul punto, così come fanno l'art. 14 (riguardante la previdenza) e l'articolo 15 (riguardante l'iscrizione all'ENASARCO ).
Va sottolineato che si fa ancora riferimento alla opportunità della indicazione, in ogni posizione Enasarco, del numero dell'iscrizione al ruolo agenti di cui alla legge 204/85. E ciò a comprensibile tutela della qualificazione professionale che solo l'iscrizione all'albo può dare, ma in elusione all’orientamento europeistico di abolizione degli albi, che , in tema proprio di agenzia , ha trovato consacrazione nella sentenza dell’Aprile 1998 nella causa Ballone c, Yokohama, recepita dal 1999 in poi anche dalla ns. Corte di Cassazione.
Si può concludere questo primo resoconto con una menzione particolare all'art. 18.
Questo, in ossequio agli artt. 410 e seguenti del c.p.c. come modificati, prevede che tutte le controversie tra agente e preponente devono essere precedute dal tentativo obbligatorio di conciliazione in sede sindacale presso la Commissione paritetica territoriale di conciliazione dell'ente bilaterale territoriale del terziario, composta da rappresentanti delle opposte organizzazioni.
Già da questa fase, è ovvio il consiglio che le parti, come previsto al punto 3, siano "correttamente rappresentato", cioè assistito adeguatamente da esperto, che ben può essere individuato, per elezione, nel sindacalista od avvocato, quest'ultimo meglio se "sindacale".
Se la conciliazione non riesce o se decorre inutilmente il termine di 60 giorni dal deposito da parte dell'O. S. alla commissione della richiesta di conciliazione, l'agente può optare tra l'arbitrato previsto dall'art. 18 bis, da svolgersi secondo le modalità in esso previste e il contenzioso.
E' appena il caso di segnalare che gli agenti che non fossero tempestivi ,all’atto della conclusione del rapporto con la propria preponente,, a richiedere l'effettuazione della procedura, potrebbero esser costretti poi a resistere, semmai in via riconvenzionale, con la sostanziale inversione della posizione "naturale", che vede generalmente l'agente creditore e la preponente debitrice, nonchè con le sicure lungaggini ulteriori conseguenti, per il conseguimento dei diritti dell'agente.
Notevole pure la nota a verbale di impegno ad esaminare e definire entro un anno i problemi connessi all' e-commerce, nonchè l'ulteriore impegno, come da successiva dichiarazione a verbale, di elaborare un progetto per la formazione e l'aggiornamento professionale.
Gli agenti, si ricorda, infine, potranno inoltrare alla preponente la delega per la trattenuta degli importi previsti per le Organizzazioni Sindacali stipulanti l'Accordo.
Avv. Dario De Landro